Nel sogno di Shirin Neshat.

Nel sogno di Shirin Neshat.

Shirin Neshat Soliloquy, 2000 Still da video Video installazione a due canali Copyright Shirin Neshat Courtesy l’artista e Gladstone Gallery.

Al Pac di Milano si è conclusa da poco: “Body of Evidence”, la più grande retrospettiva di Shirin Neshat realizzata in Italia, curata da Beatrice Benedetti e Diego Sileo. La mostra ha ripercorso oltre trent’anni di carriera della visual artist e film maker, tra le più note sulla scena dell’arte contemporanea, attraverso quasi duecento opere fotografiche e una decina di video-installazioni entrate a far parte delle maggiori collezioni museali al mondo fra cui: il MoMA, il Guggenheim di New York, la Tate Modern e il Madre di Napoli.

Shirin Neshat nasce a Qazvin in Iran. Ha solo 17 anni quando nel 1974 viene inviata dalla famiglia a completare gli studi negli Stati Uniti, a San Francisco e poi alla UC Berkeley, prima di stabilirsi definitivamente a New York, in cui vive dal 1993.

L’artista multimediale e interdisciplinare ha iniziato il suo viaggio immergendosi nella fotografia, per poi muoversi verso: video-installazioni, cinema e opera teatrale-lirica. In Settembre 2025 verrà presentata all’Opéra National de Paris, sotto la sua direzione, l’Aida di Verdi. Inoltre l’artista è vincitrice del Leone d’Oro alla Biennale di Venezia nel 1999, del Leone d’Argento per la Miglior Regia al Film Festival di Venezia nel 2009 e del prestigioso Praemium Imperiale, ricevuto a Tokyo nel 2017.

Shirin Neshat Passage, 2001 C-print Copyright Shirin Neshat Courtesy l’artista e Gladstone Gallery.

Nel 1979 in Iran la Rivoluzione islamica estromette lo scià e conduce al potere l’ayatollah R. Khomeini, instaurando una teocrazia. Solo nel 1990 Shirin Neshat riesce a tornare in Iran e dopo 11 anni è testimone del rapido, radicale cambiamento avvenuto nel paese.

Con “Women of Allah”, una tra le prime controverse serie fotografiche insieme ad “Unveling” che ha portato l’artista alla notorietà internazionale, la Neshat crea una serie di ritratti femminili (1993-97). Come la stessa artista li ha definiti: “Sono facce di umanità”. Donne in posa, coperte dal velo e armate, su cui vengono riprodotti a inchiostro, versi calligrafici in Farsi, tra di esse compare la stessa Neshat. I ritratti testimoniano l’interesse verso un dialogo inespresso, attraverso la trama di testi scritti Persiani.

Shirin Neshat Roja , 2016 Stampa ai sali d’argento Copyright Shirin Neshat Courtesy l’artista Gladstone Gallery.

Da subito le opere d’arte, i ricordi onirici, ci portano in luoghi in cui non ci saremmo aspettati di ritrovarci. Seguendo l’artista e esplorando, impariamo a rimanere in dialogo. Le domande investono il ruolo contradditorio della donna nella società, i diritti e i rapporti tra i generi, i confini della libertà individuale e non in ultimo la sua personale condizione di esule (Soliloquy 1999).

Nelle sale del Padiglione d’Arte Contemporanea, il racconto rivela, a ognuno diversamente, un desiderio più forte di ogni censura. Mi infilo in una cabina e dietro una tenda, scopro una installazione che rimanda e si sovrappone alla successiva, senza un ordine cronologico, in un moto di immagini, la musica accompagna, le vibrazioni si propagano.

Con la trilogia di “Fervor, Turbolent e Rapture” che narrano su split-videos e split-sounds, l’uno accanto all’altro, si richiamano il cammino parallelo di un uomo e di una donna, il vicino e il lontano delle loro ombre in un paesaggio desertico. I mancati incontri creano una tensione destinata a non esaurirsi mai. Separati da una tenda nera si guardano senza saperlo. Il gioco cromatico del bianco e del nero, carattere distintivo dell’artista, ci parla delle contraddizioni della società attuale che impone il filtro di una dualità tra ciò che siamo e ciò che appariamo.

In the “Fury”al centro della narrazione c’è il corpo della donna, oggetto di desiderio e di violenza, anche qui l’artista dipinge sulle fotografie i versi della poetessa iraniana Forough Farrokhzad. Nella video installazione viene esplorato il tema dello sfruttamento sessuale attraverso la storia della protagonista, una ex-carcerata.

In “Passage” del 2001, il racconto della ciclicità, le fasi della vita, i rituali della morte. L’artista rappresenta un gruppo di donne velate che scavano nella terra e cantano ritmicamente, separatamente un gruppo di uomini in processione e infine una bambina che costruisce un cerchio. La ritualità, il fuoco, sono elementi che ci immergono in una cultura millenaria, la cui identità non può essere definita per stereotipi, per opposti o interpretazioni fisse.

Shirin Neshat Rapture, 1999 Stampa ai sali d’argento Copyright Shirin Neshat Courtesy l’artista, Gladstone Gallery e Noirmontartproductions.

In una libreria indipendente in città, tra i moltissimi libri sull’Iran, mi è successo di trovarne uno in particolare che ho amato, si tratta di: “Iran under 30” a cura di Giacomo Longhi . Questo libro è un laboratorio di idee, in cui si entra e si esce nei racconti di giovani scrittori iraniani, si ritrova lo sguardo lucido sul contesto sociale e politico dell’Iran odierno, il senso delle radici ma anche tutta l’energia di questa generazione. Gli scrittori sono stati selezionati da due tra i maggiori autori della scena letteraria iraniana: Masha Mohebali e Mohammad Tolouei. Nei racconti nulla è prevedibile nell’evoluzione di ciò che sarà.

La voce narrante di Shirin Neshat, più che mai attuale nei tempi che viviamo, apre al desiderio di un raggio di sfumature ed enigmi che non si possono limitare dentro i confini del sé e come tale ci rappresenta.

A presto,

Lascia un commento